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Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze

Alessandro “Franco” il grande

Il vertovese Gritti nell’enduro e nel cross ha vinto più di ogni altro al mondo. Quando la ValSeriana forgia campioni, che continuano a correre.

Alexander Platz non è solo a Berlino. Nei dintorni di Francoforte ce n’è un’altra di piazza dedicata ad Alessandro I, ma che non è lo zar venuto in visita alla capitale del regno prussiano. Si tratta di “Alessandro il Grande” del motociclismo mondiale. Piazza Alessandro Gritti è dedicata a un campione che proviene da un paese della ValSeriana, Vertova, e che ha fatto dell’enduro e del cross le discipline in cui ha primeggiato senza rivali al mondo.

Di lui si sanno molto più cose da fuori, che non quelle che vengono raccontate “in casa”. È un tipo schivo, riservato e, come i bergamaschi di un tempo, non ama molto parlare di sé, di lui lascia parlare i fatti. Si direbbe proprio il tipo di poche parole. Si ispira al detto evangelico: “Il vostro parlare sia sì-sì, no-no”. Così si è chiari senza che si possa essere equivocati.

Stiamo parlando di Alessandro Gritti detto “Franco”. Classe 1947. Uomo d’altri tempi. Un campione la cui storia non è ancora terminata. A 77 anni gira ancora per l’Italia a far gare. È incredibile, ma vero. Ogni giorno si allena sulle piste fuori casa, tra Leffe e Vertova, e ottiene ancora risultati eccellenti. Dà la birra a molti enduristi e crossisti più giovani di lui, anche ventenni.

La natura lo ha dotato di un fisico eccezionale. Da ragazzino si è fatto i muscoli nella cava di papà Giovanni, che estrae ghiaia sul fiume Serio, nella zona del ponte di Fiorano che porta in Val Gandino. Lui guardava suo fratello più grande: Giovanni che amava andare in moto tra i sentieri di montagna e per mulattiere. Mamma Annetta gestiva una pizzeria, oggi condotta dalla nipote Anna, sulla provinciale verso Fiorano al Serio. La chiamarono Centauri proprio in riconoscimento della passione che avevano i figli per le moto.

 

Franco (lo chiameremo così perché così è conosciuto), le moto se le costruisce da sé. Basta entrare nella sua officina per vedere come prepara le gare. Smonta le moto completamente. Controlla ogni pezzo, aggiusta le cose che deve e le riassembla mettendole a puntino, pronte per la prossima gara.

Di gare Gritti ne avrà fatte migliaia in sessant’anni di attività agonistica. Ha girato il mondo e fatto corse di tutti i tipi. Le più dure sono state le Sei Giorni, quando in sella ci si deve stare almeno otto ore filate al giorno. E poi le Valli Bergamasche «dove il terreno – dice – è fatto di pietra e sassi. Non come le foreste che si trovano su al Nord». Per Gritti, abituato alle montagne di casa, andare nelle foreste teutoniche è come passeggiare sul velluto.

Quali sono stati – gli chiediamo – gli avversari più competitivi? «Cecoslovacchi e tedeschi, dell’Est e dell’Ovest», perché allora la Germania (era il tempo della guerra fredda) era divisa dal Muro di Berlino. Pioggia e fango non scalfivano la forza muscolare di Gritti che, se non aveva un problema meccanico, le gare le sapeva solo vincere. E quando perdeva? «Quando cadevo o si fermava la moto». La sua era una corsa priva di tattica. Il suo credo è sempre stato: salire sulla moto, aprire il gas a manetta e darci dentro fino all’arrivo. Una carriera costellata da 14 titoli nazionali, 5 titoli europei, 2 di squadra alla Sei Giorni, un Vaso d’Argento e 10 medaglie d’oro. Campione italiano nel 1966, 67, 68, 70 e 72. Le Valli Bergamasche le ha vinte nel 1972, 75, 76 e 77. Ha inforcato le migliori moto del tempo partito con uno Stornello è passato alla Morini, alla Puch, alla Gilera, alla KTM, alla SWM e all’Husqvarna.

Nel 1976 viene nominato Cavaliere della Repubblica italiana per meriti sportivi. Quell’anno al Quirinale salirono a prendere lo stesso premio Sara Simeoni, Klaus Dibiasi e Pietro Mennea. Quando ricevette l’invito Gritti rimase meravigliato e un po’ incredulo: «Che ci faccio io in mezzo a questi campioni, non si saranno sbagliati?» disse ai familiari ricevuta la lettera da Roma.

Vertova era e rimane tuttora un luogo particolare per i motociclisti. Il Moto Club l’anno prossimo festeggerà i 70 anni di vita. E ne hanno di cose da ricordare. «Quando Gritti venne chiamato alla leva militare, il maresciallo della Guardia di Finanza De Matteo – ricorda il compianto Titta Pasinetti in uno scritto di tanti anni fa – che aveva conosciuto Franco anni prima a una premiazione, lo vuole a Roma nelle Fiamme Gialle». Gritti ci va e si porta in squadra gli amici Paganessi, Signorelli, Rottigni e Gualdi, tutti di Vertova. Una squadra Nazionale delle Fiamme Gialle formata da piloti tutti bergamaschi, tutti di Vertova.

E a Vertova ogni mercoledì alle 20, alla pizzeria Centauri, si rinnova da quarant’anni a questa parte il raduno dei motociclisti. Arrivano motociclisti da ogni parte d’Italia e a volte dall’estero. Nelle vicinanze c’è un posto che racchiude tutta la vita di Alessandro Gritti: uno “scrigno” ricavato dentro l’officina. Quando si apre la porta si rimane a bocca aperta. Ci sono tutte le moto con cui Franco ha gareggiato in sessant’anni di attività. La cosa più sorprendente è però la rosa dei venti dipinta sul muro che si trova davanti alla porta d’ingresso. Non c’è più un posto dove lasciare la propria firma, perché lì vi hanno lasciato il loro autografo tutti quelli che sono passati e dire che sono a migliaia è dire poco, fra loro (tanto per citare) anche Giacomo Agostini. Alle pareti dello “scrigno museo” e della Pizzeria Centauri sono affisse le foto storiche che documentano il suo vissuto da campione. Una in particolare ci ha sorpreso: con Franco Gritti sono ritratti (tutti in versione da enduristi con tanto di casco e stivaloni) Bruno Ferrari, Fausto Radici, Pierino Gros, Augusto Taiocchi e Franco Bieler. C’è da chiedersi, ma che ci facevano lì a correre con la moto i campioni dello sci? Su questo Gritti se la cava con un sorriso: è solo amicizia.

Allora Franco, farà la Revival delle Valli Bergamasche? «Certo. Sto preparando la moto». Ma ci andrà per una sfilata dimostrativa, appunto da revival… «No, no, ci vado per gareggiare». E naturalmente quando dice così è perché pensa a una sola cosa, l’unica che ha sempre fatto nella vita: vincere.


 

Articolo di Ezio Pellegrini per VAL Seriana & Scalve Magazine n. 34 – Estate 2024