Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze
Emozioni a fior di pelli
Lo sci alpinismo è in continua evoluzione, soprattutto nelle attrezzature, ma lo spirito di un tempo è immutato e di tendenza. E dal 2026 sarà sport olimpico.
Parcheggio l’auto tra i cumuli di neve un po’ torbida che si è posata sull’asfalto nero, sbarrando quella strada che per il resto dell’anno accompagna motociclisti, ciclisti ed escursionisti al Passo del Vivione. Per il resto dell’anno, ma non oggi. Oggi quella stessa strada ha cambiato pelle, come un serpente che, invece di spogliarsi, ricopre le sue scaglie con un velo bianco e freddo che attira centinaia di persone come me.
Forse è il fascino di vivere qualcosa che non sempre è possibile e ciò esalta il valore del tempo. Certe cose bisogna farle al momento giusto. E con un pizzico di fortuna. Questo l’ho imparato da piccolo, quando stavo seduto sul sedile del passeggero, mentre mio padre parcheggiava nello stesso spiazzo tra i cumuli di neve. «Finalmente ne è arrivata un po’, possiamo metterli subito ai piedi», annunciava la sua voce roca mentre il suo capo si abbassava a scrutare con fiducia il versante oltre il parabrezza. Quelle parole ora le pronuncio io con gli amici, o semplicemente le borbotto nella mia testa. Al caldo del mio stomaco c’è un rotolo fucsia di pelli di foca, la cui colla ha ripreso un po’ di vigore ed è pronta ad aderire perfettamente al fondo freddo e un po’ graffiato dei miei sci d’alpinismo. Il profumo dell’aria gelida pervade i miei sensi, che si spalancano nello sforzo di controbattere la gravità.
La frazione iniziale è la più difficile da superare, con i muscoli freddi e il fiato che, come si dice in gergo, “deve rompersi” mentre produce nuvolette di vapore umido. Mentre scivolo verso una cima che rimane timidamente nascosta dietro i pini sempreverdi sfumati di bianco, apprezzo la leggerezza dell’attrezzatura che oggi mi permette di praticare questo sport magnifico e primordiale. In fondo, seppur materiali e tecnologia siano all’avanguardia, sto risalendo il bosco innevato su due assi, propulsando il mio impegno attraverso due bastoncini stretti nel pugno dei guanti.
Quando lo sci alpinismo, se così si poteva chiamare, è nato nei Paesi nordici, per necessità prima che per svago e sport, lo scafo di plastica degli scarponi non esisteva e normali calzature erano legate con lacci di cuoio ad assi diritti e completamente di legno, non certo di fibra di kevlar e carbonio più leggera e malleabile.
Le lamine e la sciancratura moderna che oggi facilitano l’ascesa a sempre più appassionati, chi per amore per le attività outdoor e chi alla ricerca di adrenalina e agonismo, non erano immaginabili in quei primi prototipi di sci e racchette da neve.
Le pelli di foca hanno mantenuto il loro nome emblematico e sono il vero simbolo identificativo di questo sport, anche se sono ormai sintetiche. Esco dal boschetto e mi ritrovo in un un’ampia conca ondeggiante, da cui posso apprezzare meglio le cime e i pizzi aspri che si ergono ancora selvaggi verso il cielo. Tra di loro svetta il Cimone della Bagozza con i suoi 2.407 metri intonsi. Sul manto nevoso, aggrappato con unghie al ripido versante, riesco a scorgere lo zigzagare ordinato e geometrico delle tracce degli scialpinisti che mi hanno preceduto con le loro inversioni, gesto tecnico che pare un balletto agile e coordinato: una gamba aperta quasi in spaccata verticale, e l’altra piegata per sollevare la punta dello sci e cambiare repentinamente direzione.
Accanto vi sono le tracce ribelli e irregolari della discesa, tra curve perfette e linee quasi rette di chi preferisce la velocità alla cura di pennellate eccellenti.
Oggi incontro molti più sci alpinisti rispetto a quando venivo qui da ragazzino. Ci sono i “tutina” con i muscoli tirati in una divisa aderente, i tradizionali “lent ma seguent” con pantaloni comodi e caldi su sci sempre più larghi per godersi al meglio la discesa e ci sono tanti neofiti, riconoscibili dalla sorpresa nel ricevere un saluto cordiale da altri sconosciuti che praticano lo stesso sport.
Finalmente lo sci alpinismo sarà pure presente alle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, per la prima volta. Credo che anche l’entusiasmo delle nostre valli abbia contribuito alla crescita di uno sport che permette di vivere la montagna invernale in maniera unica.
Basti pensare all’evoluzione del Rally della Presolana, ora noto come Ski Alp 3. Dalla sua nascita nel 1977 ha mantenuto la formula tradizionale di Rally per le prime 29 edizioni, con prove a coppie caratterizzate da sfide a cronometro di salita e discesa fuori pista. La bontà del nostro movimento casalingo è testimoniata dall’albo d’oro, che vede alternarsi i più forti degli Sci Club nostrani (Sci club 13 Clusone, Lizzola, Gromo e Val Gandino), con gli atleti “forestieri”, come i fortissimi valtellinesi, gli austriaci e negli anni più recenti gli atleti dell’Esercito. Meritano citazione la coppia Boscacci-Murada, vincitrice dell’edizione del 1977, o il dominio tedesco-francese nell’edizione del 2013, valida come Coppa del Mondo.
Quando un manipolo di tutine mi saluta affannosamente allungando il più possibile la racchetta dietro le proprie gambe azionate a ripetizione da un motore invisibile, penso ai grandi di casa nostra, che ammiravo ai circuiti di notturne che illuminano di frontale le nostre montagne.
Su tutti, Pietro Lanfranchi di Casnigo, per otto anni nell’orbita della Nazionale italiana e protagonista delle gare alpine più spettacolari e attese, come il Trofeo Mezzalama, il Sellaronda o la Pierra Menta. E senza dimenticare Giovanni Zamboni, attuale campione nazionale master. Due atleti dalla vera tempra bergamasca, perché hanno sempre dovuto conciliare lavoro e allenamenti, giornate di riposo e gare contro chi lo faceva di mestiere. Ce ne sarebbero moltissimi da citare, e il movimento non si ferma, anche grazie alla splendida passione degli Sci club nostrani, tra cui senz’altro lo Sci club 13 e il suo riferimento storico Giannino Trussardi, che mettono i giovani al cuore di un progetto in crescita. Quest’anno la giovanissima clusonese Lara Nodari ha assaporato per la prima volta le vertigini di competere per la Coppa del Mondo Juniores in “tutina” azzurra.
La mia mente, ora completamente a suo agio nell’aria fresca e pura dei Campelli, non può che viaggiare a quella gara che ho sempre ammirato, il Trofeo Mezzalama, nato nel 1933 e una volta chiamato “maratona dei ghiacciai”, con i suoi 40 km tecnici in equilibrio sopra i 4.000 metri, tra Castore, Lyskamm e le altre vette del gruppo del Monte Rosa. Seppure si tratti di una gara di sci alpinismo di un giorno, è forse quella che più si avvicina alla traversata della Groenlandia da parte del norvegese Fridtjof Nansen nel 1888, primo utilizzo conosciuto dello sci alpinismo per inseguire quel fuoco che brucia dentro e ci spinge a superare i nostri limiti, a cercare qualcosa che vada al di là di una routine confinata e sicura.
Ecco, la sicurezza è un altro aspetto dello sci alpinismo che si è evoluto moltissimo e che purtroppo è spesso sottovalutato. Pala, arva sonda, da considerare come un kit unico, vanno sempre portati. Non solo: è fondamentale fare un po’ di pratica e avere a mente un minimo di teoria. E non vale la scusa «io vado solo in pista», perchè il richiamo delle gite spettacolari in ambiente è irresistibile e arriverà quel giorno in cui si accetterà l’invito di un amico più esperto e si risalirà un versante splendido e immacolato. Sarà un giorno memorabile e bisogna essere pronti.
Anche da questo punto di vista siamo fortunati, perchè le Valli Bergamasche pullulano di iniziative organizzate da C.A.I. e Soccorso Alpino, come il tradizionale appuntamento di gennaio “Montagna Sicura” della sezione di Clusone, o i giochi di “Pora Senza Frontiere”. E infine va sottolineato come il primo gioco in scatola dedicato allo sci alpinismo, “Pelli di Foca”, non potesse che nascere in ValSeriana. Vuole divertire e in contemporanea sensibilizzare sulla corretta organizzazione di un’escursione di sci alpinismo e dell’utilizzo della giusta attrezzatura.
Mentre tolgo le pelli dalla soletta degli sci e mi godo una meritata discesa, penso ancora una volta a quanto sono fortunato. Fortunato a vivere in queste Magnifiche Valli, condite da una bellezza immensa, che brilla di luce diversa in ogni stagione.
Contenuto realizzato con il contributo di Regione Lombardia, nell’ambito del bando Ogni Giorno in Lombardia, Campagna “Sempre più outdoor in ValSeriana e Scalve”
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