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Un canto della Valle
Da “Madonnina dei Campelli” alla celeberrima “Maslana”: quando musica e voci sono eco di magnifiche note
“Le casette bianche in cima ai monti / l’acqua chiara che passa sotto i ponti/ l’aria tersa che pulisce i polmoni / il Serio e la quiete dei laghetti / la pace nel verde dei prati e dei boschetti / i bei colori delle vegetazioni […] chi ha creato la Val Seriana è un grande pittore / è un paradiso che è lì da ammirare”.
C’è la poesia di un affresco d’autore nelle strofe in rima della canzone “In Val Seriana”, scritta anni fa dal maestro Gianni Locatelli e da Elia Merelli e reinterpretata, ad aprile 2020, dal quintetto Aghi di Pino.
È un inno alla Valle a tutto tondo e in un frangente complicato come quello della pandemia, il gruppo, nato nel 2010, ha fatto suo il ricco repertorio di melodie della tradizione folkloristica bergamasca per cercare di regalare un momento di serenità e buonumore.
Solo chi conosce profondamente un luogo ne sa apprezzare tutte le caratteristiche ed è in grado (o addirittura sente il bisogno) di (de)cantarne le lodi. Non è quindi un caso che, per esempio, il cantautore bergamasco Luciano Ravasio canti alle “Montagne de Bèrghem” che “per chi vi capisce, voi siete il paradiso”. Un paradiso che ha dato origine a molte canzoni.
Se è pur vero che un grande interprete sa trasmettere da solo il senso di una bella canzone, a prescindere da autore e luogo di esecuzione, è innegabile come ci sia un’emozione innegabile nell’ascoltare il Coro ANA Val di Scalve che armonizza sulle note de La Verde Valle. Per il coro, nato del 2005 dalla passione per il canto di alcuni amici alpini e che ora riunisce gli alpini di Vilminore, Azzone, Schilpario e Colere, l’aggiunta di questa canzone al repertorio fu una scelta obbligata, visto che il maestro Kurt Dubiensky la compose «con la Val di Scalve in mente e nel cuore». Dubiensky ha dato molto alla cultura musicale della ValSeriana. Oltre ad aver dato un contributo fondamentale alla nascita del Coro Idica di Clusone ed esserne stato direttore per ben quarant’anni, molte delle sue composizioni sono caratterizzate dall’amore per la montagna e per le sue tradizioni musicali. Un amore espresso anche attraverso la documentazione di canti popolari e montanari, in cui spesso si ritrova anche la gioia di trascorrere tempo e cantare insieme.
“Abbiam nei nostri cuori / la gioia di cantar / ed un bicchier di vino / noi non lo rifiutiam […] dalle alte vette / felici salutiam / abbiam lo sguardo fiero / la semplicità / ed una stella alpina / per chi la chiederà”.
Dubiensky, di origine ebrea, fuggì da Vienna all’inizio del secondo conflitto mondiale, trovando rifugio in ValSeriana. Amava tanto la sua terra d’adozione e ben sapeva che dietro l’apparente riservatezza della gente di montagna, si nasconde una vera passione per l’allegra compagnia.
Non è perciò un caso che La Verde Valle sia stata ripresa da tanti cori, fra cui anche il Coro “La Presolana”, nato nel 1999 grazie alla gioia del cantare insieme di un gruppo di amici di paesi della Conca della Presolana.
Nel suo repertorio, il Coro non fa mancare interpretazioni della tradizione montana, come un’altra opera in cui trionfa l’allegria di trascorrere il tempo insieme, la celeberrima Maslana.
“Mentre io accendo il fuoco – recita una strofa – prepara il desinar / metti il basgiotto in tavola, non lo dimenticar / già pronta è la polenta, vieni a vederla fumar / Mangia, mangia, mangia, mangia, / bevi, bevi, bevi, bevi / e poi comincia a ballar”.
Maslana è un vero e proprio inno alla convivialità. Fu composta da Arnaldo Capra, per tutti “Dino l’Alpino” e dedicata al pittoresco borgo a monte dell’abitato di Valbondione dove spesso saliva. Nessuno meglio di lui ha saputo raccontare “le baite al sole d’or” che si raccolgono in una “gran festa di colori”, trasmettendo le emozioni del ritrovarsi insieme, attorno ad una polenta fumante, per poi ballare gioiosamente su un prato al suono di un’armonica.
Quella del canto di montagna è insomma una tradizione viva e vivace, cui la ValSeriana ha dato lustro immortale anche con l’esperienza del “favoloso Coro INCAS” di Fiorano al Serio. Era una formazione a cappella di voci virili fondata nel 1949 dal maestro Mino Bordignon, che aveva rivestito (fra gli altri) il ruolo di direttore artistico della celeberrima casa discografica “La voce del padrone”. L’Incas, in quarant’anni di attività (fu definitivamente sciolto nel 1989) ha letteralmente impressionato il mondo. Come scrisse nel 1977 il grande direttore d’orchestra Gianandrea Gavazzeni, «a testimoniare questa realtà stanno i successi ottenuti e la fama in Europa, nelle Americhe, ovunque».
E quando le emozioni non hanno voce, ecco canzoni scritte per ispirare contemplazione, silenzio e preghiera:
“Sono solo nel silenzio / le Montagne sono mute […] La mia voce non ha suono / s’è perduta tra i venti / e non voglio ricordare / chi non volle il mio amore / Madonnina, aiutami”.
Sono alcuni versi del brano “Madonnina dei Campelli”. È uno dei cavalli di battaglia del Coro Idica (eseguito anche davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella), una poesia del poliedrico artista schilpariese
Tomaso Pizio poi musicata dal maestro Dubiensky. È dedicata alla statua bronzea della Madonnina, opera di Pizio, che la dedicò agli sportivi. La volle posta nella Conca dei Campelli di Scalve, sotto il severo sguardo del Cimon della Bagozza e del massiccio della Concarena: un paesaggio la cui sublime imponenza non può che ispirare un moto riflessivo.
In tutti i brani resta un sottile, unico, immortale refrain: l’eco delle nostre Magnifiche Valli.
Articolo di Marta Poloni Per VALSeriana & Scalve Magazine
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