Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze
Quel canto da fiaba
Le Quattro Matte e la Val di Scalve, fra montagne e leggenda
La Val di Scalve, valle di formaggi, di discese mozzafiato con gli sci ai piedi, ma anche valle di fiabe e di leggende. Da cui nasce un… canto da fiaba
Si dice che in queste terre, per tenere buone le montagne, vivessero (e qualcuno sussurra vivano ancora) piccole creature imprevedibili, tanto piccole quanto potenti, custodi del buon andamento delle stagioni, uniche depositarie dell’aria frizzantina di inizio ottobre che qui racchiude già il profumo di neve e di quel sole primaverile che lascia assaporare il calore della breve estate scalvina.
I nonni ancor oggi raccontano ai nipotini come le montagne di Colere fossero popolate da invisibili folletti, destinati a farsi sempre più grandi ogni volta che le labbra di una mamma li nominano a un bambino disobbediente. Queste creature erano conosciute da tutti gli abitanti della Valle che si tenevano alla larga dalle estremità del bosco, preferendo raccogliere la legna a ridosso del centro abitato.
Tutti tranne Erica, Gardenia, Genzianella e Rosina, quattro sorelle che dei fiori portavano il nome e ne avevano anche bellezza e frivolezza. Passavano gli anni e non vi era giovane che apparisse all’altezza delle loro attese: nessuno era abbastanza bello o intelligente per le ragazze che, con l’arroganza che le contraddistingueva, erano solite vantarsi della propria bellezza e della propria grazia. Ma del resto si sa, nessuno è immune al trascorrere del tempo e anche i fiori più belli, brillanti e vivaci a ogni stagione perdono un po’ della loro freschezza. Ed Erica, Gardenia, Genzianella e Rosina non facevano eccezione. Le quattro fanciulle capirono dunque che era ormai giunto il momento di decidersi a trovare marito e si fidanzarono con quattro pastori, anch’essi fratelli. Poche settimane prima delle nozze, si recarono nel bosco a raccogliere legna, per riscaldare la sala del ricevimento nuziale e, incuranti del pericolo, si spinsero alle estremità della boscaglia, davanti a una caverna. Le sorelle cantavano mentre raccoglievano rami e fuscelli e, senza nemmeno accorgersene, si trovarono circondate da esserini che danzavano e saltellavano sulle note di Quel mazzolin di fiori. Tutt’altro che intimorite, accettarono con piacere il pranzo offerto dagli gnomi e promisero che ogni sabato sarebbero tornate alla caverna, suggellando una promessa d’amore con i piccoli abitanti della montagna. Le settimane successive le ragazze tornarono a far visita ai folletti che, sabato dopo sabato, si invaghivano sempre più dei loro “quattro ciclamini” come le avevano soprannominate, senza sospettare l’astuzia e la perfidia delle fanciulle. Trascorse così tutto l’autunno, con canti, balli e dolci cioccolate che scandivano le settimane degli abitanti delle caverne. Il giorno del solstizio d’inverno, il più giovane tra loro, come da tradizione, si stava recando verso il fondovalle per raccogliere gli ultimi ramoscelli in vista dell’imminente gelo, quando si accorse di due boscaioli che, seduti accanto a un tronco ormai spoglio, parlavano di quattro fanciulle. Intimorito che i due volessero far loro del male, il piccolo gnomo si nascose dietro un grande masso ad ascoltare e, impietrito, sentì invece i due ridacchiare di come tutta la Valle parlasse di quattro sorelle prossime alle nozze con quattro aitanti giovanotti. Esse, a detta dei boscaioli, si vantavano di aver ingannato quei “terribili abitanti delle montagne” che, a loro dire, altro non erano che “innocui esseri sciocchi”. Il folletto, rosso di rabbia e umiliazione, corse alla caverna e radunò il Gran Consiglio degli gnomi per decidere il da farsi. Allo scoccare della mezzanotte il verdetto era ormai deciso. Alle prime luci dell’alba i folletti erano già tutti pronti ad aspettare i quattro ciclamini che, come ogni sabato mattina, canticchiando risalivano la montagna. Le giovani non si fecero attendere e i piccoli gnomi, danzando e saltellando intorno alle ragazze, le guidarono fin sulla cima della Presolana, su un precipizio che sovrasta il paese di Colere. Erica, Gardenia, Genzianella e Rosina fecero appena in tempo a scorgere lo sguardo colmo di dolore dei folletti prima che un lampo le colpisse e le tramutasse in pietra, immobili e perenni al fianco di quella caverna che era stata cornice di allegri e gustosi pranzi autunnali.
Tutti i racconti dei nonni terminano con un monito che le quattro fanciulle (non più fiori, non più ciclamini, ma ricordate ora solo come “Matte”), hanno imparato a loro spese: mai prendersi gioco della montagna, della natura e delle sue forze nascoste.
Qualcuno giura che nelle limpide mattinate di sole si sente ancora il lamento delle Quattro Matte che, immobili al fianco dei folletti della Presolana, osservano il paese di Colere e ricordano agli abitanti la forza e la potenza della natura. Ancora non ci credete?
Il 14 luglio alle 10, la Pro Loco di Colere vi aspetta al Pian di Vione con “Il Canto delle Quattro Matte”, la rassegna corale che, in una cornice mozzafiato, riporta tutti a cantare nel bosco, proprio davanti a Erica, Gardenia, Genzianella e Rosina.
Socchiudendo gli occhi e tendendo l’orecchio, ne sentirete il canto perenne.
Scopri i dettagli de Il Canto delle Quattro matte
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