Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze
Pergamena a cielo aperto
Fra secoli e vallate, affreschi e selciati, un percorso per scoprire la ValSeriana alla luce… del “periodo buio”. Frammenti di storia dal fascino inedito.
La conoscenza del Medioevo è una strada in salita, fatta di lacune, sovrapposizioni e fraintendimenti non facili da sciogliere. Ma l’uomo medievale è davvero così distante da farsi irriconoscibile? Percorrendo all’inverso il corso del Serio e risalendo la nostra Valle è possibile trovare tracce artistiche e simboliche che molto hanno da trasmettere di un vissuto lontano nel tempo, ma ancora leggibile per mezzo di occhi attenti e animati da curiosità.
Tanti luoghi conservano frammenti significativi che sono sopravvissuti ai secoli, alla modernizzazione di una valle che ha fatto tesoro del passato e ha rinnovato l’intraprendenza e la predisposizione al cammino e allo scambio delle genti seriane. Qualche tassello di Medioevo si coglie, dunque, con un ritorno paziente alle aree marginali, lungo le vallate secondarie e gli antichi tracciati, in corrispondenza di borghi quasi abbandonati, strade cavalcatorie dismesse e pareti affrescate di chiese che, come una pergamena millenaria, conservano le tracce dei tempi passati, delle mani di uomini che hanno percorso distanze ben maggiori di quanto non lasci intendere un raffronto con la moderna idea di viaggio.
Per seguire il calpestio dell’uomo medievale si può raggiungere l’abitato di Olera, noto nel XV secolo per l’attività dei tagliapietre locali. In questa contrada, tra Alzano e il Canto Alto, sopravvive il tessuto urbano antico, tra scale tortuose e spazi adombrati dalle case in pietra, di un sito disposto lungo le viae mercatorum, percorse dagli ardimentosi commercianti delle valli bergamasche e dai pellegrini locali, emuli dei santi il cui culto prese piede nelle chiese seriane del tempo, come San Pietro da Verona, frate domenicano e martire assassinato nei boschi lombardi tra Como e Milano, rappresentato secondo la tradizione agiografica in voga nella prima metà del Trecento nella Chiesa di Santa Maria Assunta di Torre Boldone.
Oggetto di rappresentazione precoce nella chiesa di San Michele al Pozzo Bianco in Bergamo Alta è il Beato della valle, Alberto da Villa d’Ogna, figura itinerante ed esempio di buon cristiano sin dalla fine del XIII secolo per i tanti mercanti e pastori locali in cerca di fortuna nella Pianura Padana, seguendo i cicli della transumanza e delle fiere commerciali lungo il corso del Serio.
Sin dai primi tratti, il fiume e i suoi affluenti garantirono all’uomo del Medioevo un supporto in- dispensabile per incanalare acqua nelle seriole e impiantare mulini, magli e fucine destinate alla lavorazione dei metalli e alla fabbricazione di armi, attività fiorenti tra Gromo, Ardesio e le vallate limitrofe nel Quattro e Cinquecento. Anche i sassi levigati dall’acqua divennero materia prima d’impiego nelle facciate delle abitazioni e delle chiese. Un esempio in tal senso si legge lungo la parete laterale della Chiesa di San Bartolomeo di Albino, sede locale dell’Ordine degli Umiliati prima di venire assorbita dalla Confraternita della Misericordia entro la fine del XIV secolo. Il territorio albinese dispone di una delle testimonianze più forti della cultura e della storia materiale del Medioevo in Val Seriana, ospitando in Valle del Lujo l’abbazia di San Benedetto di Vallalta, dove alcune architetture e strutture murarie, come le celebri absidi, conservano le forme assunte tra XII e XIV secolo.
La storia della devozione nell’arte in ValSeriana filtra fino a noi anche attraverso luoghi ben diversi da quelli formatisi per impulso monastico. Basti pensare al santuario di San Patrizio di Colzate, luogo di attrazione sorto a mezzacosta nel cuore della valle, dove le esperienze eremitiche delle origini presto si mescolarono all’ingente transito di pellegrini e viandanti in direzione dei vicini valichi prealpini. Qualcosa di simile accadde in altri luoghi disposti lungo mulattiere e strade ad alta percorrenza di circuiti secondari, come la Val del Riso, lambita dai traffici commerciali del tempo e ricca di testimonianze artistiche di rilievo. La Chiesa della contrada di San Giovanni, sopra l’abitato principale di Gorno, ospita due lacerti di affresco della seconda metà del Trecento, con un’Ultima Cena ad opera del pittore locale Giovanni da Volpino, autore di un dipinto fortemente sovrapponibile nella chiesa parrocchiale di Branico e distintosi per altre decorazioni lungo la sponda bergamasca del Sebino e in Val Camonica, prima di migrare in direzione delle vallate trentine e della campagna veronese. Anche l’arte, pertanto, testimonia la perizia e l’impegno delle genti bergamasche nel Medioevo, soprattutto nei secoli conclusivi, quando il forte senso di libertà e la rivendicazione del frutto del proprio lavoro sparse capolavori artistici nelle chiese parrocchiali e nei nuovi santuari mariani edificati nelle vallate delle Orobie. Negli stessi anni in cui venne realizzato il più celebre ciclo seriano di affreschi, presso l’Oratorio dei Disciplini di Clusone, mani non difformi decorarono la chiesetta di San Giacomo il Maggiore, eretta nella contrada di Colle Palazzo, sulle alture della Valzurio. Il Medioevo era alle battute finali, seminando gli ultimi frammenti di una stagione variopinta e irradiata dalla luce dell’uomo.
Articolo scritto da Marco Carobbio per VALSeriana & Scalve Magazine – estate 2023
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