Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze
L’energia di una Valle
Scame fra tecnologia e innovazione: radici locali e sguardo sul mondo
Rinnovare e innovare. Saper crescere, aprirsi al mondo. Cadere e rialzarsi con tenacia, ma soprattutto con una visione. Chi vive in Val Seriana lo ha sempre fatto. Lo ha dovuto fare, perché stare lassù, tra le montagne e un fiume che taglia in due la terra, mica è semplice. Eppure questa valle, che alterna pendii scoscesi a verdi piane, è come se avesse una forza tutta sua, un Dna specifico. Bergamasco, sì, ma ancor più testardo, ancor più grintoso.
Non stupisce scoprire, dunque, che la storia di una delle aziende più rappresentative di questa terra, cioè la Scame, sia un po’ il riflesso di tutti questi elementi. E incarni appieno lo spirito con cui la gente della Val Seriana ha sempre inteso il lavoro e l’imprenditoria.
Stefano Scainelli (foto) ha 55 anni, è un ingegnere ed è l’amministratore delegato della Scainelli Materiale Elettrico, l’azienda che (segno del destino) il padre Giovanni – morto nel luglio 2017 a 91 anni – fondò lo stesso anno della sua nascita, il 1963.
Naturalmente a Parre, il suo paese, il suo centro di gravità esistenziale. Oggi la Scame è un’azienda seriana, italiana, ma che guarda al mondo: è presente in ottanta Paesi per esportazioni, ha filiali in sedici Stati e vanta circa ottocento dipendenti complessivi, di cui quasi 280 nella sola capogruppo.
«Sì, non siamo una Pmi. Ma non siamo nemmeno una vera e propria multinazionale – spiega Stefano Scainelli, che dal 2006 è ad del gruppo -. Ed è un problema, perché così fatichiamo a partecipare sia ai bandi per le une che a quelli per le altre». Il “problema”, però, non sembra riflettersi sui risultati dell’azienda, che ha chiuso il 2017 con un fatturato consolidato che ha superato i cento milioni e che, di anno in anno, continua il suo percorso di crescita in un settore non certo semplice. «L’azienda la frequento sin da quando avevo i pantaloncini corti. A 14 anni mi facevano andare in attrezzeria. Ricordo ancora che una volta mi dimenticai la chiave del tornio nel mandrino. Quando lo avviarono, la chiave volò pericolosamente via. Il capofficina, anche se ero il figlio del padrone, non so quante me ne disse…».
Scainelli sorride mentre ricorda i primi passi nell’azienda di papà, oggi diventata la sua azienda. Che da Parre non si è mai mossa. «Qualcuno pensa che grandi attività con una forte presenza nel mondo debbano avere sedi in chissà quali posti. Non certo a Parre, lasciano intendere. Ma il segreto sta nelle idee, mica in dove è la sede». E stupisce un po’, quindi, scoprire che suo padre Giovanni, in realtà, le idee chiare in quell’ormai lontano 1963 non è che ce le avesse poi tanto: «Più che altro, papà aveva voglia di fare. Aveva uno spirito imprenditoriale innato e si sentiva soffocare dove lavorava prima, cioè un’azienda della Val del Riso del settore chimico-minerario. La cosa che lo convinse a lasciarla fu il fatto che, sebbene fosse un caporeparto, i suoi consigli su come migliorare il lavoro non venissero ascoltati dai superiori. E così si dimise. Tentarono di trattenerlo, ma ormai aveva deciso». Da buon seriano, Giovanni Scainelli voleva rinnovarsi. «Ricordava spesso quel momento. Diceva che passò un sacco di tempo con la lettera di dimissioni in mano, indeciso se imbucarla o meno e chiedendosi: “La metto o non la metto?”».
Rinnovarsi, ma soprattutto innovare. Sì, ma come? «Papà non si inventò niente, però capì il potenziale dei chiodini isolati per impianti elettrici e della plastica, un materiale che era in grande ascesa in quegli anni. Da perito chimico, aveva intuito la possibile forza di quel settore. Certo, furono in tanti a provarci. Ma lui era stato bravo a creare una squadra. Non si lanciò in questa nuova avventura da solo, infatti. Quando ebbe l’idea, iniziò a coinvolgere diversi amici, tutti con specializzazioni diverse. Divennero i suoi soci e ancora oggi le loro famiglie sono in azienda. Noi Scainelli abbiamo la maggioranza, ma loro sono una parte fondamentale della Scame». Quella parte che, mattone dopo mattone, ha aiutato Giovanni Scainelli a costruire una realtà forte, solida, partita da Parre e andata nel mondo.
«Del resto la gente di Parre è, storicamente, gente che gira. A fine Anni Cinquanta, qui c’erano o pastori in continuo movimento, o emigranti. Persone che, senza sapere una parola di inglese – e, a dirla tutta, nemmeno di italiano perché si parlava soltanto il bergamasco allora -, prendevano e partivano per il Sud America o l’Australia. Una cugina di mia madre, nel 1958, andò proprio là, in Australia. E suo figlio parla inglese e bergamasco antico, quello che neppure noi oggi capiamo. Pazzesco, bergamaschizza tutto, anche i verbi inglesi».
Rinnovare, innovare, crescere, aprirsi al mondo. Ma anche cadere, perché le cadute sono parte di un lungo cammino. «Mio padre faceva parte della prima generazione di grandi imprenditori di questa valle. Uomini coraggiosi che hanno saputo allargare i confini. Io rappresento la seconda generazione». Quella che ha beccato in pieno la grande crisi del 2008… «Noi produciamo materiale elettrico in ambito terziario e industriale, l’edilizia rappresenta ancora un pezzo importante del nostro mercato. Che però è stato duramente colpito dalla crisi. Tra il 2010 e il 2013 abbiamo preso delle belle mazzate. Per intenderci: il nostro fatturato italiano, nel 2013, era sceso da 37 milioni a 19 milioni di euro. Non sono situazioni che puoi gestire togliendo soltanto gli straordinari ai dipendenti. Fu un momento difficile». Superato soltanto perché la Scame ha avuto la forza di rialzarsi con tenacia, sfruttando una visione che, in realtà, aveva coltivato negli anni. «Ci ha salvati la nostra presenza sui mercati esteri e, soprattutto, il fatto che siamo stati in grado di diversificare l’attività».
Oggi la Scame è una delle aziende più avanzate nel settore delle automobili elettriche. Una posizione conquistata negli anni e non senza fatica. «Era il 1999, se non ricordo male – racconta Scainelli -. L’Associazione Veicolo Elettrico Italiano ci contattò e ci chiese se eravamo interessati a costruire un connettore industriale per loro. Allora non esisteva una cosa del genere. Accettammo la sfida e realizzammo il prodotto. Per alcuni anni lo tenemmo anche sul mercato, ma la richiesta era veramente bassissima. Qualche anno dopo, tra il 2006 e il 2007, le cose cambiarono. L’industria automobilistica iniziò a interessarsi all’elettrico. Il merito fu della rivoluzione nell’ambito delle batterie, conseguenza del boom informatico: per telefonini e pc servivano batterie più piccole e più performanti. Ci fu un effetto domino, che coinvolse anche l’automotive. Non in Italia però. Partecipavamo a eventi internazionali ed eravamo gli unici italiani in mezzo a tantissimi giapponesi, tedeschi, americani. E lì capimmo quanto conta il sistema rispetto alla singola azienda. Gli altri Paesi, infatti, intuita l’onda lunga che stava arrivando fecero squadra. Istituzioni, governi, aziende, grandi istituti di ricerca: tutti intorno a un tavolo per capire come sfruttare il nuovo quadro economico e, soprattutto, per delinearne lo sviluppo da lì agli anni a venire. L’Italia, invece, non lo ha mai fatto. E così noi,azienda della Val Seriana, ci siamo trovati a nuotare da soli in un mare di potenze. Nonostante questo siamo riusciti a conquistarci uno spazio e alcune delle innovazioni che abbiamo introdotto sul mercato europeo sono ancora all’avanguardia e ci permettono di ricoprire un ruolo importante».
La Scame, quindi, è come se fosse stata in grado di vivere diverse vite nella stessa. E continua a farlo. «Il mondo industriale resta il nostro core business, ma ci siamo da un lato specializzati su settori che ci permettono di far fruttare meglio le nostro competenze, dall’altro ci siamo aperti a mercati totalmente nuovi come quello delle auto elettriche, dove inizialmente abbiamo dovuto soltanto sfruttare in modo diverso ciò che già sapevamo fare, ma poi abbiamo dovuto invece imparare da zero nuove abilità. Anche per questo abbiamo creato divisioni ad hoc per gestire le novità».
Ed è così che si torna, come fosse un cerchio della vita, all’inizio, ovvero all’importanza di sapersi rinnovare e, soprattutto, di innovare. «Innovazione di prodotto, ma anche di organizzazione e di processo. Solo con una visione coordinata d’insieme è possibile continuare a crescere».
Forse è per questa incredibile sinergia di valori e di mentalità che c’è tra la storia della Scame e la storia di chi vive da sempre la Val Seriana che l’azienda non ha mai perso il legame con la propria terra. «Secondo me – spiega Scainelli -, finché dietro una realtà c’è un azionariato familiare legato al territorio, si mantiene un legame forte. È quando la proprietà perde il legame che il territorio deve preoccuparsi. Se c’è dietro una famiglia che vive la comunità, cambia tutto. Ma il vero merito fu di mio padre. Molto di ciò che ha ottenuto con la Scame ha voluto poi “ridarlo” indietro attraverso opere come la piscina di Parre, la prima di tutta la valle praticamente».
Rinnovare e innovare. Saper crescere, aprirsi al mondo. Cadere e rialzarsi con tenacia, ma soprattutto con una visione. Questa è la Scame, questa è la Val Seriana.
Articolo di Andrea Rossetti per VALSeriana & Scalve Magazine Autunno
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