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La Val di Scalve: tra pascoli e formaggi di “una volta”
Tra la ValSeriana e la Valle Camonica c’è una valle molto stretta creata dallo scorrere del torrente Dezzo: un’angusta fessura tra i monti un tempo famosa per la presenza delle miniere di ferro, oggi è meta turistica facilmente raggiungibile dal passo della Presolana, ma anche dalla vicina media Valle Camonica e da Borno.
Percorrendo una stretta strada a strapiombo sul letto del torrente, si arriva ai maggiori centri della zona: Vilminore di Scalve, con tutte le sue frazioni e Schilpario, piccolo centro e molto conosciuto per le attività di svago legate alla montagna.
Proprio a Vilmaggiore, frazione di Vilminore di Scalve, è ubicata la Latteria Sociale Montana di Scalve, una cooperativa di allevatori che quotidianamente lavora il latte proveniente da 16 conferenti locali per la produzione di diverse tipologie di formaggio appartenenti alla tradizione.
Nel caseificio con annesso spaccio, vengono lavorati giornalmente oltre 50 quintali di latte dal casaro Lorenzo Bruschi, da due anni direttore della cooperativa. Una vera e propria scelta di vita la sua, che lo ha visto abbandonare la città e stabilirsi in queste montagne. Lorenzo è infatti originario di Sesto San Giovanni ed è un perito agrario laureato in benessere animale. “Da piccolo – racconta – avevo a casa a Parre e d’estate salivo a fare l’alpeggiatore. Ero talmente innamorato di questa zona che ho fatto la mia tesi di laurea sulla formaggella ValSeriana. Successivamente ho iniziato a lavorare alla Latteria della Val di Scalve e due anni fa c’era bisogno di una persona che ci si buttasse dentro in maniera importante: dopo 10 anni di lavoro qui ho sostituito Luciano Bettoni alla guida della cooperativa”.
Sono molte e diverse le tipologie di formaggio prodotte, tutte a partire da latte crudo non pastorizzato. Questo preserva tutte le qualità nutritive e i microrganismi naturalmente presenti nel latte, anche se questo talvolta potrebbe creare difficoltà nella sua lavorazione e trasformazione in formaggio, proprio a causa de fatto che il latte è materia viva e se utilizzato senza pastorizzazione è in grado di regalare prodotti unici, ma molto delicati e da trattare con cura.
Tra le varie tipologie casearie prodotte, la regina è proprio lei: la formaggella Val di Scalve, prodotta nei formati da 1,4 kg e da 700 g (chiamata Scalvinella). E’ prodotta a latte intero e non pastorizzato; la cagliata viene semi-cotta. Esiste nella versione da stalla e da alpeggio, cioè utilizzando il latte estivo prodotto da animali al pascolo. Quest’ultima ha vinto la medaglia d’argento alle Olimpiadi del formaggio di Bergen.
Da citare poi lo stracchino del Gleno, che deve il suo nome alla diga protagonista della tragedia del 1 dicembre 1923, in cui la stessa crollò portandosi dietro morti e distruzione. Proprio nei pascoli vicini si dice che venisse prodotto uno stracchino magro perché prodotto da latte parzialmente scremato. Anche oggi viene prodotto a partire da latte crudo parzialmente scremato. La pasta è cruda e viene lasciato a maturare al massimo per 20 giorni.
Infine, ma non per importanza, il Quadrel, imponente per dimensione, è il tipico formaggio da piastra. E’ prodotto con latte crudo parzialmente scremato e la cagliata, dopo essere stata rotta alla dimensione cosiddetta a chicco di mais, viene riscaldata ulteriormente; è infatti una pasta semi-cotta e la sua forma è rettangolare dal peso di circa 8-11 kg. Questo formaggio viene infine stagionato per almeno due mesi.
Una zona questa, in cui l’allevamento è molto presente e i pascoli riescono a regalare aromi unici facilmente percepibili nei formaggi locali, soprattutto se prodotti a latte crudo e con la sapienza di un buon casaro come Lorenzo.
Foto Matteo Zanardi
Testi Lara Abrati
LaMa Food Specialists | lama.studio
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