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Farina… di Zucca
Il panificio di Giacomo Zucca a Casnigo esiste da quattro generazioni.
Dalla ricetta della Garibalda, un pane per Bergamo, ai premi nazionali
Un grande artigiano dal viso rotondo e rassicurante che lavora in un piccolo paese della ValSeriana: Casnigo. Tutti i giorni si sveglia all’alba per preparare un pane molto speciale, così speciale che dieci anni fa è stato scelto per rappresentare l’intera Bergamasca, e che dopo una consultazione pubblica istituita per l’occasione è stato battezzato “Garibalda”.
Parliamo di Giacomo Zucca, dell’omonimo, premiatissimo panificio (inserito tra i migliori d’Italia dal noto critico gastronomico Paolo Massobrio nella sua guida “Il Golosario”) «che esiste da ben quattro generazioni: ha cominciato mio nonno nel 1880», racconta. La passione per il suo lavoro traspare dagli occhi vispi, dalle parole genuine con cui descrive la ricerca delle migliori miscele di farina, le prove ripetute per portare una ventata di innovazione nei tradizionali processi produttivi (preservandoli) e gli assaggi con il coinvolgimento degli amici.
LA GARIBALDA
GLI INGREDIENTI
Il pane La Garibalda nasce per un concorso, poi vinto, organizzato da Aspan (Associazione Panificatori) e Camera di Commercio. «È un pane costituito da quattro tipi di farina – precisa Zucca – semola rimacinata di grano duro, farina integrale, grano saraceno integrale, farina fumetto di mais, ora Spinato, con aggiunta di olio extravergine di oliva e la biga di riporto. Quest’ultimo è un preimpasto che viene lasciato fermentare e a cui poi si aggiungono altre dosi di ingredienti per creare l’amalgama finale che è sottoposto a una ulteriore fermentazione. Con questi ingredienti si va a comporre l’impasto il cui frutto è, appunto, la Garibalda».
LA PREPARAZIONE
Sono due le dimensioni in cui viene tagliato tale impasto: da cento e settecento grammi. Dopo un’ulteriore lievitazione di un’ora, massimo un’ora e un quarto, nell’apposita cella a trenta gradi centigradi, raddoppia il suo volume rispetto a quello iniziale ed è pronto per essere infornato. Dovrà cuocere 40-45 minuti, spandendo un aroma fragrante. Il risultato è splendido: la crosticina è croccante e di un colore rassicurante, né troppo chiara né troppo scura, con una mollica leggera e saporita. L’idea di partenza è stata quella di creare un pane rustico, capace di accompagnarsi egregiamente sia col salato che col dolce. Missione compiuta.
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L’artigianalità manuale tipica dell’arte bianca non esce stravolta da queste nuove produzioni. Rafforzata dall’interno, piuttosto, tant’è che dal forno di Casnigo sono uscite ed escono le miscele di farina per i ristoranti. Grazie al Mais Spinato nascono anche delle eccellenti fave dei morti che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare: un biscotto perfettamente fragrante e allo stesso tempo tenero, dal sapore equilibrato, senza eccedere in dolcezza e nell’aroma di anice, «che alla lunga stanca». C’è pure la granella di nocciola. «Una tira l’altra», dice l’artigiano. «Verissimo», ribadisco con la bocca piena. E la stessa sapienza viene messa a servizio delle preparazioni stagionali che si alternano nel corso dell’anno.
IL PANE DI ALEX E SYLVIA
La solidità delle competenze di Giacomo Zucca ha trovato una nuova conferma con il premio nazionale per il concorso “Il pane di Alex e Sylvia” (prima edizione), in occasione del Sigep 2017 di Rimini, il Salone internazionale per panificazione, pasticceria e dolciario.
L’obiettivo del concorso era quella di individuare e premiare il cosiddetto “pane della condivisione dei popoli europei”, un progetto nato nell’ambito del Padiglione Europa, in occasione di Expo 2015, e nel contesto di ricerca “La civiltà del pane”.
Il suo prodotto ha superato l’esame visivo e primeggiato per esperienza olfattiva, retrolfattiva, gustativa. Apprezzata la “struttura” del pane: una categoria che comprende croccantezza della crosta e masticabilità.
GLI INGREDIENTI
«Farina integrale, farina di tipo 1 Bergamo, invero del territorio e quindi a “Km Zero”, e fiocchi d’avena», chiarisce Zucca, classe 1969, residente a Casnigo ma originario della frazione di Orezzo di Gazzaniga.
Articolo di Fabio Cuminetti per VAL – inverno 2019
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