Arte e vita contadina in ValSeriana | 2
Seconda tappa del viaggio nella cultura e nell’economia della ValSeriana e Val di Scalve: sulle tracce del tessile.
Nella prima tappa del percorso attraverso l’arte e vita contadina in ValSeriana (leggi qui), abbiamo conosciuto due importanti musei etnografici che ci raccontano storie di vita quotidiana, di lavori umili e faticosi ma anche tradizioni.
Lasciando Albino e proseguendo verso l’alta valle, poco prima di Ponte Nossa si incontra sulla sinistra la Val del Riso, anticamente ricca di miniere e oggi sede del Museo Etnografico Scientifico di Oneta che conserva cimeli antichi relativi alla storia economica della valle legati in particolare alla vita contadina, alla tessitura, al lavoro del boscaiolo e, ovviamente, all’estrazione mineraria. Il museo ha anche una vocazione scientifica e grazie a diverse attività di laboratorio permette soprattutto alle scolaresche di approfondire tematiche legate alla scienza.
Altro importante punto di riferimento è il Museo Etnografico Alta Val Seriana (MEtA), situato ad Ardesio. Le sale, recentemente riallestite, sono suddivise in tre sezioni tematiche: filatura e tessitura della lana, ben rappresentata grazie ad un grande telaio ancora funzionante, lavoro dei boscaiolo e dei carbonai e lavoro in miniera. Di grande interesse la raccolta di antichi documenti e la sezione di cartografia storica.
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Anche la Val di Scalve conserva un passato contadino e deve il suo sviluppo economico allo sfruttamento dei giacimenti minerari. La storia locale è documentata dal Museo Etnografico di Schilpario, ospitato all’interno di un antico mulino sapientemente ristrutturato, dove è ancora visibile una macina per le farine e un torchio per la produzione dell’olio di lino, utilizzato per alimentare le lampade ma anche come medicinale e come ingrediente per la cucina. Come per gli altri musei le raccolte di attrezzi relativi alla vita contadina e al lavoro nelle miniere hanno ampio spazio all’interno della collezione, da segnalare però l’inedita sezione dedicata all’emigrazione, un fenomeno che ha fortemente coinvolto la Valle nel secolo scorso per ripercuotersi sulla vita di molte famiglie.
Un interessante e inedito punto di vista sul lavoro contadino è offerto dal Museo delle pietre coti (Mupic) di Nembro. Vero e proprio strumento di lavoro le pietre coti erano utilizzate per affilare le falci e altri attrezzi di uso comune; l’area della bassa Val Seriana compresa tra Nembro e Pradalunga era nell’Ottocentro tra i principali produttori di queste pietre che venivano estratte e lavorate a mano per poi essere esportate in Italia e all’estero. È interessante notare che il Museo è ospitato nell’antica casa della famiglia Bonorandi, titolare di una delle due ditte produttrici di pietre coti esistenti a Nembro, azienda che fu attiva sino ai primi anni Sessanta del Novecento.
Nella vicina Pradalunga sorge il Laboratorio-Museo-Laboratorio delle pietre coti, di proprietà comunale, in passato sede del laboratorio dei fratelli Ligato, che offre al visitatore la possibilità di visitare un laboratorio artigianale e di scoprire le diverse fasi di lavorazione delle pietre coti, tramandate da generazioni all’interno dell’opificio di famiglia, toccando con mano antichi utensili e manufatti.
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