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Trama e ordito, quando il lavoro è arte
Al Museo del Tessile di Leffe tesori che raccontano fibre e tecnica, ma anche l’epopea dei mitici Coertì.
Uno scrigno che custodisce un’infinità di tesori, sapiente miscela di tecnica, fibre, arte, ingegno e natura. Da ormai quindici anni (la fondazione risale al 2005) è aperto a Leffe il Museo del Tessile “Ginetto Martinelli, un piccolo gioiello che racconta l’epopea della Valle e dei suoi operai.
Dal 2013 l’esposizione curata dai volontari di ARTS (Associazione Ricerche Tessili Storiche onlus) è situata in un ampio stabile annesso al Polo
Scolastico “Gianni Radici”, negli spazi che un tempo ospitavano una manifattura tessile.
♦STORIE DI TESSITORI E MERCANTI
In Val Gandino si incrociarono aspetti ambientali e storici assolutamente sinergici, come la presenza di pascoli con relativo allevamento ovino, la conseguente disponibilità di lana e l’abbondanza di acqua, che consentì ai
gandinesi prima, e ai leffesi poi, di divenire lanieri, tessitori, tintori e soprattutto mercanti.
Se i gandinesi puntarono alla Mitteleuropa, alle terre della Serenissima e degli Asburgo, da Leffe, nel secolo scorso, partì l’epopea dei “Copertini” (i mitici “Coertì”) ambulanti “incantatori” che raggiunsero ogni angolo d’Italia con i propri prodotti, venduti sulle piazze grazie a una sorta di incanto.
Era un vero e proprio spettacolo, nel quale il pubblico veniva coinvolto con musiche e battute a effetto, utili a decantare la mercanzia.
I Coertì sono stati i pionieri delle “televendite”, celebrati nel 2018 dal cantautore Tiziano Incani, alias “il Bepi”.
♦IL MUSEO DEL TESSILE RACCONTA LA FILIERA COMPLETA
La ricchissima raccolta del Museo del Tessile non è un semplice “defilé” di ferri vecchi e polverosi, ma un’efficace presentazione della filiera completa, che parte addirittura dalle piante (il giardino didattico esterno è una delle novità 2019), con macchinari originali e funzionanti. «In questi anni – spiega Gianfranco Bosio, presidente di ARTS – abbiamo recuperato macchinari in disuso in aziende e opifici, riportandoli alla piena funzionalità grazie al paziente e competente lavoro dei nostri volontari». Esempio concreto è il grande torcitoio circolare della seta, attivo sino al 1924 nel Filatoio di Leffe.
È l’unico tuttora esistente in Bergamasca e fra i pochissimi in Italia: consentiva la torcitura di centinaia di fili di seta contemporaneamente e a ciclo continuo svolgendo un lavoro che prima richiedeva centinaia di persone e un tempo decine di volte maggiore.
Il torcitoio è dotato di un meccanismo, lo zetto, ideato da Leonardo Da Vinci (del quale quest’anno ricorre il 500° della morte) e illustrato nel Codice Forster. Il torcitoio è, come un tempo, alimentato ad acqua, grazie a un’enorme ruota del diametro di oltre 3 metri.
In Museo si possono ammirare, in funzione, il reparto carderia, la serie di telai dal medioevo al XX secolo (con le intuizioni a pinza del leffese Nello Pezzoli) e anche una grande trasmissione centralizzata a cinghia di inizio ʼ800. Particolari le macchine di finitura dei tessuti quali garzatrici, cimatrici, macchine per merletti e da ricamo.
Fra queste anche una delle primissime macchine (anni ’20) dotate di testa multipla: un esemplare analogo è a Berlino.
Non manca un carretto originale dei Coertì, che facevano della “Pilùsa” la propria bandiera. Era una coperta molto povera, di colore indefinito, realizzata tramite il riutilizzo di scarti e ritagli tessili. Alcune ditte la chiamavano anche “Bolzano”: si racconta infatti che fu un soldato tedesco, alla fine del 1700, a spiegare come da questo sottoprodotto si potesse ricavare del filato. «Oggi – sottolinea Bosio – si riscopre il valore ecologico
del recupero degli scarti. Lo studioso americano Paul Connett, teorico del “rifiuto zero”, ha riconosciuto un alto valore a questa pratica, sottolineando come a volte per andare avanti bisogna anche guardare indietro».
♦ATTIVITÀ DIDATTICA
In Museo è disponibile un’attrezzata sala didattica multimediale, utile per
proporre alle scolaresche lavori di gruppo e approfondimenti. Del tutto particolare anche la sezione dedicata alla tintura di fibre, filati e tessuti con coloranti naturali, derivati da piante e radici.
Il Museo del Tessile conserva per esempio l’originale “Scarlatto” di Gandino, con cui nel 1860 fu tinta la stoffa utilizzata per realizzare le camicie dei Mille di Garibaldi.
Fra le curiosità anche la “Lanital”, la fibra ricavata dalla caseina (la proteina del latte) cui diede ampio risalto il regime fascista, alle prese con l’autarchia imposta dalle sanzioni internazionali.
Da ammirare anche il ciclo completo della seta, con allevamento del baco, trattura, torcitura e cardatura. «Quest’anno – spiega Stefano “Tino” Gelmi, direttore del Museo – abbiamo aggiunto il nuovo reparto di preparazione alla tessitura, dotato di “cantra” e “orditoio”. Questo macchinario, prodotto nel primo dopoguerra dalla ditta Mazzoni e F.lli di Prato, è stato donato al Museo dalla ditta Gusmini S. Lanificio e Feltrificio di Cene. Serviva per la preparazione dell’ordito, che si intreccia con la trama per realizzare il tessuto».
Informazioni complete sull’esposizione sono disponibili sul sito www.museodeltessile.it.
Articolo di Giambattista Gherardi per VALSeriana & Scalve Magazine – PRIMAVERA 2019
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